Incontinente
di Giorgio Madinelli
…
Un banale inciampo, forse una radice, gli fece perdere l’equilibrio: dovette battere a terra la mano che teneva il Sistema di Posizionamento Globale, il quale gli sfuggì, rotolò qualche metro verso destra fece due rimbalzi e sparì piroettando nel vuoto.
CAZZO! CAZZO! Gridò la fidanzata alle sue spalle.
SIAMO PERDUTI!
Il senso di quelle parole lo colpì come una fucilata: sentiva drizzarsi tutti i peli del corpo.
UNA CINGHIETTA… TE LO AVEVO DETTO IO… UN CORDONE PER LEGARTELO AL COLLO; SEI UNA TESTA DI CAZZO! INCOMPETENTE! INCOSCIENTE! INCONTINENTE!
Incontinente?
Sì.
Lei se ne era accorta: per la forte emozione qualche goccia di urina era uscita a bagnargli le braghe.
Poi ella gli voltò le spalle, si accasciò a terra, si prese la testa tra le mani e cominciò un pianto rabbioso.
Lui si guardò intorno disperato: non riconosceva una roccia, un albero, un cespuglio che aveva intorno, quasi li vedesse per la prima volta. Erano saliti fin lì con gli occhi sullo schermo del Sistema di Posizionamento Globale, seguendo la linea verde che si dipanava. Nulla gli dicevano le montagne d’intorno, né quelle innevate all’orizzonte, né quelle prossime di boschi ricoperte. Nulla sapeva di quelle creste ora dolci ora affilate; nemmeno conosceva i nomi di quei paesi che vedeva nella valle giù in fondo. Un destino beffardo e crudele li aveva precipitati in una realtà drammaticamente impossibile da gestire e assoggettare senza l’attrezzo che aveva preso la via dell’abisso.
Tremava terrorizzato:
SIAMO PERDUTI, SIAMO PERDUTI
vorticava nella sua mente.
Si pisciò ancora addosso e il calore tra le cosce lo riportò all’infanzia quando la mamma lo prendeva:
vediamo, vediamo il mio piscione
Lo accarezzava con le dita, gli faceva il solletico sotto le ascelle, gli cantava una canzone, scuoteva in aria un campanellino colorato. Quanto era dolce la mamma! Che bella la mamma!
La parola sbocciò inconsapevolmente sulle sue labbra.
Lei la udì.
Si girò inviperita e con un gesto inequivocabile urlò ancora:
VAIAFFANCULO TE E LA TUA MAMMA!
Testo di Giorgio Madinelli
Foto di Stefano Maruzzo
Alpine Sketches © 2013

Bello e feroce!
Grandioso!
Questo raccontino scarno e intenso rappresenta la nemesi della consapevolezza umana sulla delega totale e scriteriata che troppi consegnano a volte alla tecnologia riguardo al loro stare nel mondo. Un esempio portato un po’ all’estremo però efficace, dal quale emerge realistica e disperante la figura dello sbadato bamboccione urbano spintosi sconsideratamente tanto fuori luogo rispetto al suo rassicurante habitat e immancabilmente martirizzato dalla sorte maligna e dalla (ormai ex, suppongo) fidanzata isterica, bambocciona lei pure. Bello.
E’ un innegabile pregio dei raccontini brevi dai messaggi fulminei quello di lasciarsi leggere con piacere senza stancare, essendo forse perfino più corti dei noiosi trafiletti che pretendono di commentarli, tipo questo.
Questo racconto rappresenta infine la piccola vendetta letteraria di un incurabile vagabondo dell’alpe scagliata contro la crassa insipienza ambientale che certo modernismo sempre più spesso incoraggia, è l’orgogliosa rivalsa di un insaziabile utopista dell’andar per monti alla vecchia maniera il quale, se un giorno che gli auguro il più lontano possibile diverrà forse incontinente, ciò accadrà probabilmente per motivi di prostata ma di sicuro non per motivi di orientamento.
Vede che te à fàt bèen tirà l’ fià…
Corto ma illuminante!
meglio perderli in loro stessi due così.